Cancelli chiusi

In qualche isola web, esiste ancora la mia dichiarazione di felicità quando al cadere del cinquantesimo anno del mio tempo di vita decisi di fondare una casa editrice per realizzare un sogno intorno al quale avevo camminato in tanti modi senza osare entrarvi: un giardino dai cancelli chiusi. Li ho aperti fidandomi del mio fiuto: io annuso la scrittura; la riconosco in ogni angolo della vita: dove si nasconde, dove ancora non sa cosa potrà diventare.

Io amo il processo stesso del pensiero che immagina e mi è stato naturale salire sulle spalle degli autori che ho incontrato non avendo mai paura a dire no a chi autore credeva di esserlo per poca autoconsapevolezza o per narcisismo mai educato. O perché in questo “mondo” scrivere è diventato un esercizio di falsa democrazia e uno dei tanti vestiti da indossare per sentirsi qualcuno.

Mi sono fatta dei nemici? Non credo, quando ho potuto ho sempre raccontato le ragioni del mio no, e dire no è una scelta personale. Non la negazione di una persona.

Iniziavo l’avventura nel peggior modo possibile: proponevo una casa editrice sconosciuta che editava libri al 99% scritti da donne esordienti (per dare voce al pensiero femminile sul Mondo – scrivevo in Home) rivendicando così un doppio diritto di cittadinanza.

Quando ho cofondato, nemmeno un anno dopo, Donne di carta, sapevo che solo una cordata di competenze, una rete tra i nodi della filiera editoriale mi avrebbe potuto salvare dalle leggi di un mercato che si dimostravano spietate perché equiparavano il libro a un bene commerciale tradendo (spesso) il suo valore culturale. Sapevo che bisognava lottare contro non i grossi competitors (Mondadori, Feltrinelli) ma con quel sottobosco di editorie a pagamento che inflazionano la qualità, sommergono le librerie, confondono i lettori, aumentano la fila dei narcisi: la calata dei “brutti”, insomma.

Donne di carta doveva essere la rete di sostegno per stringere alleanze tra editorie minuscole, librerie indipendenti e autori esordienti che dovevano emergere per talento e non per i “talenti” da versare.

Non ha funzionato. L’associazione ha scoperto la sua forza – e il suo cuore – nel potere dei lettori e delle lettrici e la bibliodiversità perseguita è diventata un timbro della loro voce di persone libro, il segno distintivo di eventi culturali creati spesso con soggetti che con l’editoria non avevano sempre molto da spartire perché la stessa “promozione della lettura” si è trasformata in una dimensione così vasta che un libro, alla fine, è davvero una piccola possibilità di esistenza nell’immensità delle cose da leggere.

Un corso naturale. Splendido. Necessario. Più vero del progetto immaginato.

Ma io avevo/ho degli autori (sì anche scritture di uomo) e delle autrici sui quali avevo scommesso e che mi avevano affidato la loro esistenza; e non era sufficiente, non era abbastanza esistere nella memoria o nella voce itinerante delle persone libro se poi nessuno recensiva i libri o se era difficile trovarli in qualche luogo fisico per acquistarli. La vendita online, almeno nel mio “caso”, è stata una presa in giro così come l’unico distributore a cui mi sono rivolta e che per dirla elegantemente non ho mai saputo dove li distribuisse.

Eppure c’erano le lodi di chi fa il mestiere del critico/recensore ma spesso i testi non erano più freschi di stampa e un libro è una merce che ha scadenza in un mercato che rincorre le novità. E se non c’è una strategia di promozione e di pubblicità aggressiva e continuativa, se non conosci le persone “giuste” a cui inviarli, i librai non possono perdere tempo a consigliare i lettori e non rischiano di tenere i libri più di tanto: i libri hanno smesso di essere sempreverdi e tornano, come rese, al mittente.

Non c’è epica in questa resa: solo un finale tragico. Spesso anche per le librerie, che hanno chiuso.

Alcuni di questi libri sono, miracolosamente, negli scaffali di qualche lettore e lettrice che ho incontrato di persona a tutte le fiere (tante) che in questi anni ho sopportato o negli scaffali di qualche libraio che li ha letti davvero e “conservati” o nel catalogo di alcune biblioteche e tutti, dico tutti, sono nella memoria commovente delle persone libro.

Ma non è abbastanza, non è sufficiente per chi, come autore o come autrice, vuole esistere con me per la sua scrittura. Il destino di un libro è il lettore. E io non l’ho raggiunto.

 Il Caso e il Vento richiude i cancelli di quel giardino. Per onestà: non credo di migliorare invecchiando.

Nella vita dei “miei” libri non ci sarà il macero. Tornano ognuno in mano a chi li ha scritti, liberi di trovare strade diverse. Magari tentando di perdere peso diventando di pixel e di byte. Magari trovando un editore più capace (ce ne sono). Insomma, tornando “nuovi” perché questo è un mondo dedicato alla falsa giovinezza.

Non ha importanza: i sogni lasciati liberi non muoiono, si trasformano.

Grazie a chi nella propria casa ha un libro de Il Caso e il Vento.

Grazie a chi ha scritto “sotto” questo logo: grazie a Maria Barone la cui storia siciliana ha una polvere di parole che qualcuno scoprirà, prima o poi, contenere oro; grazie a Paola Ducci il cui stile visionario merita risonanze internazionali; grazie a Dario Amadei le cui fiabe regalano il sapore di un’infanzia che dura per sempre; grazie a Dario Fani il cui femminile ha una grazia da invidiare; grazie a Nicoletta Montemaggiori, Rossana Carturan, Angelo Tozzi e Anna Trapani che hanno saputo costruire una trama di voci originali e spietate come è la scrittura che non ammette compromessi; grazie a Olga Campofreda e a Marco Della Gatta che sanno comporre partiture di grande stile; grazie a Giuseppina Pieragostini che con la sua Sepolta ha iniziato un lungo percorso nella Letteratura; grazie a Irene Iorno che  ha restituito alla scrittura il senso etico della vita; grazie alle voci di Grazia Frisina e di Marina Presciutti la cui originalità poetica spezzerà il silenzio; grazie a Antonella Fortunati e a Marta Bentham per la bellezza oracolare dei “loro” tarocchi; grazie a Tina Pace che ha inaugurato la sua troppo breve vita di donna e di narratrice scandendo proprio i miei inizi; grazie a Donne di carta che mi ha affidato il compito di essere testimonianza del viaggio iniziatico delle persone libro e di quel Manifesto dei diritti della lettura che condurremo come associazione nel suo porto finale.

Grazie a tutti voi perché il vostro coraggio ha spinto anche me a uscire allo scoperto come autrice e, oggi, ho meno paura di dirlo.

Grazie a Gianna Petrucci e a Emilia Marzocchi che hanno dato veste e corpo a tutti i libri. Mi hanno regalato l’emozione che credo provi ogni levatrice.

Grazie a Ginevra Bentivoglio che spesso li ha difesi e promossi meglio di me e che mi ha restituito dopo 30 anni il mio sogno di poeta.

Grazie a Guido, il Libraio di Milano e a Stefania Molajoni, la Libraia di Roma: per me sono gli unici che meritano per sempre questo titolo.

Grazie a Roberta Buc perché con lei hanno… viaggiato. E grazie alla Tipografia Basagni di Arezzo che ha scommesso con me sulla bellezza della carta ecologica.

Grazie a chi li ha amati. Perché l’amore (forse) è l’unica “resa” che vale la pena vivere.

Sandra Giuliani (ex-editora)

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8 commenti su “Cancelli chiusi

  1. Cara Sandra, grazie della condivisione. Non pensi di mettere i libri su un sito dove leggerli magari a minor prezzo? Se ne hai ancora perchè non venderli sul blog alle DONNE DI CARTA lettrici. Mi sembra una possibilità. E a te? ciao Letizia Visone

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